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L'impianto dell'ora unica di Napoli

Gli orologi elettrici pubblici di stile vagamente liberty della città di Napoli, fanno bella mostra di sé dal 1931 e, nonostante le ingiurie del tempo, sopravvivono dignitosamente. Montati su eleganti paline in fusione di ghisa, o sospesi nell'atrio dei maggiori edifici pubblici cittadini, erano presenti in numerose vie e piazze principali del centro della Città e, insieme ai lampioni in ghisa, costituivano uno degli elementi caratterizzanti ed unificanti dell'arredo urbano di fine Ottocento e inizio Novecento.
Facevano parte del progetto per la realizzazione del cosiddetto impianto dell'ora unica della città di Napoli. Progetto varato dall'Ente Autonomo Volturno (EAV), l'ente istituito con la legge speciale per Napoli del 1904 per favorire "l'incremento industriale" e, con esso, il "risorgimento economico", che oggi diremmo anche sociale, della Città. L'EAV costituiva il provvedimento principale dell'intervento legislativo. Ad esso fu affidata infatti una difficile missione: derivare dalla forza idraulica delle sorgenti del Volturno l'energia elettrica da fornire a basso costo alle industrie napoletane per favorirne il decollo, necessario per la neo-industrializzazione di Napoli. Dopo un avvio lento e difficile, l'EAV riuscì, finalmente, dal 1916 in poi, a realizzare la sua missione istituzionale. Nei decenni successivi riuscì a consolidare abbastanza il suo bilancio e ad accumulare sufficienti capitali da investire in altre attività. Grazie a ciò, e ad una riforma della sua legge istitutiva intervenuta nel 1921, l'EAV poté ampliare la sua sfera di attività e svolgere anche numerosi servizi per conto del Comune di Napoli, atteggiandosi come un'azienda municipalizzata.

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